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Marzo 1999

Publicato su “Il Quadrato.” Enciclopedia dei pittori e scultori Italiani del Novecento. 


Review
Nel caso di Bruno Biondi non si dovrebbe parlare di scultura o di pittura, ma espressione artistica. Non si dovrebbe parlare di strategie e di correnti, ma solo ed ancora di espressione artistica. La materia, come mezzo esecutivo, non riguarda gli arnesi tradizionali, dalla tavolozza alla spatola, ma la capacità di Bruno biondi di orchestrare gli spazi in senso bidimensionale, o di trattare questa materia all’interno del problema pittura, aiutandolo con altri composti a renderci partecipi di una espressione artistica contemporanea alla vita. La materia è di cartone ondulato. Una materia fragile, mossa dal ritmo e dall’ordine poco prevedibili. I rilievi si piegano in contrappunti chiaroscurali senza inflessioni vistose ma con regolare continuità, perché così vuole la forma iniziale, la forma di nascita che lo fa somigliare ad una lunga scalinata, al mare soffiato dal vento, al cielo con nubi stratificate, ad un grande gregge unito nell’attesa. Così entra in azione Bruno Biondi: con materie che servono a plasmare la materia. L’effetto ci fa osservare forme consuete come se fossero nuove; immagini che sono reali attraverso un’azione che avviene sulla corruttibilità fenomenica della struttura. L’effetto ci porta colori scuri, spesso usati come fondo, che tendono a mettere in risalto una parte centrale. Colori scuri ma lucenti, con canali dove circola l’aria, colori scuri volatili, ma possono essere animati, sono poetici. Sulla superficie robusta righe parallele, verticali ed orizzontali, poi strisce e poi spazi geometrici, vibranti in composizioni equilibrate, quale estrema depurazione dello spazio senza alcuna intrusione narrativa. Nascono così i dipinti di Bruno biondi, non come quadri da appendere ma come progetti, che devono essere valutati caso per caso, interpretati nei particolari, nei composti costituzionali, come nelle varie applicazioni di materie, supporti, collanti, vernici, colori, come nelle antiche botteghe, dove tutto era preparato a mano seguendo precise istruzioni del maestro, perché il risultato non può essere affidato al caso. è il rinnovamento nell’ambito della tradizione. L’arte è tale quando si fa storia, non descrizione di un inutile passato, ma sbocco sul presente, che vuol dire progresso. Arte è quando ti dice com’è il tempo in cui vivi, quando si fa vita. Nascono queste opere di Bruno Biondi quali concentrazioni frementi e distillate, naturali, come contro ogni convenzione e si svincolano dal principio formale creando sensazioni mutanti di volta in volta. Sono l’evidenza di una realtà eccentrica e lineare che solo simbolicamente prende a prestito la materia, per unirla, modularla, facendola divenire prima mistero, poi magia, ed infine elevazione. Elevazione come ipotesi creativa, nuova ipotesi di comunicazione, diverso metodo di impiego di materiali. Non una superficie assolutamente piatta ed infinita, come lo spazio siderale, ma ridimensionata a portata d’uomo. Solcabile come da una navicella, senza prospettiva, come all’inizio della storia della pittura, come un uccello che sfrutta le correnti, come un pastore che conta le sue pecore guardando le groppe lanose. Ma è anche dinamismo, creazionismo dell’uomo contemporaneo. Non tutto è legato al cartone. Bruno Biondi apre ad elementi frastagliati, centrali ma anche questi modulari. Ne nascono opere con segni emblematici della realtà nello spazio. I moduli abbandonano la superficie per librarsi nello spazio dei loro movimenti frastagliati. Una dinamica d’arte che coinvolge le varie teorie, la condizione della materia, la compressione dei rapporti tra levità ed immanenza. Visioni introspettive con ombre che si dilatano improvvise dal motivo principale, che è un segno inciso sulla faccia piana, lui racchiuso nel ventre a maturare, a generare, crucciato nell’alveolo natio, distinto dal suo colorito pallido, un valore emblematico da astrattismo spaziale, una forma al riparo delle intemperie, dove la caduta fisionomica ha reso più ampio il significato: ossatura in cui è possibile intuire, oltre qualsiasi barriera narrativa, il lampo della poesia. Il giovane artista presenta nell’opera l’icona, l’immagine di quello che è il suo desiderio, il suo futuro divenire, la sintesi intellettiva e immaginativa delle sue speranze, attraverso lo specifico della propria essenzialità e attraverso l’orizzontalità e la verticalità di linee e di campi. Il giovane artista trova il riconoscimento del suo spazio, delle sue architetture, del suo voler essere, dell’io forte, sorgente dalla molteplicità fluttuante di una assordata realtà.Bruno biondi al di là della logica manifesta il suo modo specifico di avvicinarsi all’oggetto del suo interesse. Naturalmente disinteresse per il dato ottico. il vedere per credere. Preferisce una forma di tranquilla fantasia, intellettualmente focalizzata e spogliata, linguaggio interno non parlato sino a raggiungere l’astrazione che si identifichi con la libertà e con tutte le esigenze dell’inconscio collettivo che affliggono il nostro tempo e il nostro benessere. Nelle varie crisi delle avanguardie e nei vari tentativi di riproporle attraverso vari espedienti ed esperimenti, Bruno Biondi, partendo da un materiale comunemente povero, tratta per far propria la coscienza della sua originale freschezza ed elevare l’immaginativo ad essenza, la tenebra a luce, il vedere a stato di grazia. Un David senza fionda, questo artista che nel nero del buio su astratte coordinate di un territorio sconfinato si lancia contro la serialità consumistica, la mistificazione del sentimento, il pagamento del pensiero. Il tutto in nome dell’arte.

 Auguri Bruno. 


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